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Qualche giorno fa ho iniziato a leggere “Le perfezioni provvisorie” di Gianrico Carofiglio. L’ho acquistato insieme ad “Acciaio” di Silvia Avallone e “Bianca come il latte, rossa come il sangue” di Alessandro D’Avenia per leggere qualcosa di nuovo. C’è chi snobba i best seller e da finto intenditore opta per l’acquisto di libri sconosciuti e dal gusto ricercato, giusto per darsi un tono, c’è poi chi intenditore lo è davvero e riconosce un buon libro dal suo contenuto, senza badare ai milioni di copie  o meno vendute, perchè si riconosce nei protagonisti della storia, che magari parlano o si muovono come lui o semplicemente perchè alcuni capoversi sono in grado di scuoterlo, in maniera violenta e fargli provare emozioni forti o accarezzano dolcemente la sua fantasia e lo cullano.

Il mio rapporto con i libri è invece strano e altalenante. Ho sempre preferito scrivere invece di leggere, un tantino presuntuoso da parte mia, lo so, anche perchè chi legge apre la mente, arricchisce il proprio vocabolario e si nutre di storie, idee e fatti che possono essere utilizzati come spunti. Io invece  involontariamente sono sempre stata una maniaca di penne, agende, diari, di pensieri sparsi scritti dove capita; sono quella delle idee da mettere su carta appena arrivano, come stanotte (anche se non ricordo cosa avrei voluto scrivere); quella che scrive fin quando le dita e la mente l’accompagnano, ma anche quella che ancora non riesce ad esprimersi completamente: prima o poi le sue dita rallentano sulla tastiera e d’improvviso si bloccano. Per mancanza di idee. Forse perchè avrei dovuto leggere di più. Ecco perchè vorrei recuperare il tempo perso.

Mi accorgo quindi che non sono poi così perfetta, che l’essere una buona penna è una banalità inventata dai miei cari, dagli insegnanti di tutta una vita e  da tutte quelle persone che hanno condiviso qualcosa con me. E mi trovo a vivere il disagio di dover convivere con una mole di pensieri ammassati nella mia mente, che spesso fanno anche male, martellano il mio cervello, mi obbligano ad ascoltarli, mi implorano di metterli su carta, dove capita, ma senza essere in grado di andare fino in fondo, forse ancora poco matura o semplicemente non pronta, non sono in grado di dare loro ciò che vogliono. Allora scatta la frustrazione, la paura di non farcela. A combattere per i miei sogni intendo, a svegliarmi per realizzarli, proprio come suggerisce Paul Valery ripreso nelle prime pagine dell’ultimo libro di Carofiglio.

E un senso di inadeguatezza mi assale, quello che sicuramente tanti ragazzi della mia età provano, combattuti tra il perseguire la felicità cercando di realizzare i propri sogni e il cercare di essere quanto più concreti e ambiziosi possibile, per sopravvivere alla realtà quotidiana, che non perdona i perditempo e gli oziosi e nemmeno i visionari e i sognatori. La sensazione di non aver fatto abbastanza, dunque, di aver speso le proprie energie per cose futili, sciocchezze che  al momento non ripagano e magari non aver provato mai concretamente a far qualcosa per aiutare quel sogno a diventare realtà.

Di certo l’indecisione non aiuta, come neanche la consapevolezza dell’esistenza di tante realtà diverse dal piccolo mondo che alcuni preferiscono ritagliarsi su misura. Non aiuta inoltre l’essere consapevoli dei molti talenti a disposizione. Perchè, lo ammetto, ho provato a cimentarmi in tante, troppe cose, la maggior parte delle volte con risultati lodevoli, senza l’aiuto di nessuno. Tutto ciò ha spesso alimentato in me la convizione che un talento accantonato è in qualche modo sprecato e se invece di gettarlo lo si conserva amorevolmente in un cassetto, prima o poi potrà essere sfruttato. In ventitré anni ho conservato milioni di idee, talenti e desideri, mi sono illusa che un giorno li avrei usati tutti, con il risultato che adesso sono davanti a tante porte e non so quale aprire, perchè ho una fottuta paura che una volta chiusa dietro le mie spalle quella scelta, non potrei mai tornare indietro e aprirne un’altra.

La verità è che per andare avanti sono indispensabili  personalità, ambizione e una buona dose di strafottenza e noncuranza, per non lasciarsi abbattere dai momenti negativi e risalire a galla velocemente, senza perdite di tempo. La verità è che non mi sono mai svegliata dai miei sogni e fin quando sarò comodamente al calduccio nel mio letto, non potrò mai viverli, o per lo meno non potrò mai dire di aver provato sul serio a realizzarli!