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(continua da qui)

“Un uomo dall’aria eccentrica che fuma la pipa per strada, l’aperitivo dopo il lavoro sull’Arno, i temporary store e gli eventi, Pitti, entrare in un albergo per una commissione e notare che accanto a te c’è Suzy Menkes, l’eleganza dei passanti, compreso qualche turista, camminare e avere l’impressione di trovarsi in un museo a cielo aperto.

Secondo gli esperti la Toscana rappresenta un’eccellenza, una regione che per molti aspetti non sembra assolutamente essere italiana e proprio a Firenze, tra le prime mete turistiche al mondo, mai avrei pensato un giorno di viverci e viverla. Amore e odio, sentimenti contrastanti, gli stessi che provo per questi luoghi che in nove mesi sono riusciti in parte a realizzare il mio sogno, in parte a sconvolgere prepotentemente, totalmente e improvvisamente la mia vita.”

(da appunti sparsi scritti in tramvia, camminando verso il lavoro, quando mi fermo a riflettere)

Lunedì 19 settembre 2011

TO DO LIST:

  • Cercare di riposare di più
  • Studiare e lavorare (possibilmente contemporaneamente)
  • Guardarmi intorno alla ricerca di nuovi progetti
  • Smetterla di fare sciocchi e inutili countdown
  • Rifare il guardaroba autunno/inverno
  • Farmi un regalo, concedermi una vacanza, pensare un po’ più a me
  • 31 agosto – 19 settembre 2011

    SEMIOTICA:un successo da 30

    L’ultima volta che ho scritto ero in delirio pre-esame, a casa a Barletta, con un’ afa pazzesca. 19 giorni, tre week-end e 700 km dopo, mi ritrovo di nuovo a Firenze, imparando pian piano a conoscere ed apprezzare questa città per me così contraddittoria, rifugiandomi in una stanza che non è la mia solita ma che adoro – letto matrimoniale candido, fresco e morbido e tenda trasparente viola compresi – camminando per strade che fino a poco tempo fa non mi appartenevano eppure ormai note, con un cielo grigio fuori dalla finestra.

    Ogni mattina quando la sveglia suona, sbadiglio assonnata e apro gli occhi che è appena l’alba, mi allungo avvolgendomi tra le lenzuola bianchissime del mio letto e mille buoni propositi cominciano ad affollare la mia mente, svanendo puntualmente subito dopo aver messo piede fuori dalla stanza. I pensieri si fanno più nitidi solo dopo una tazza di caffè e i biscotti al cioccolato che tanto adoro, e si confondono ai sogni della notte appena trascorsa e a una veloce panoramica delle cose da fare nelle ore successive. Poi un po’ di ordine in camera, bagno, vestiti e di corsa verso il lavoro.

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    Nonostante l’ansia, gli sbuffi, le corse, gli orari e le scadenze da rispettare, mi spaventa quasi dirlo, ma amo Firenze la mattina. Il rumore silenzioso della gente nella tramvia, inventare storie sulla vecchina seduta accanto al finestrino con gli occhi chiusi o su quel bel ragazzo in piedi in abito appoggiato alla parete. Adoro osservare tutti di nascosto fingendo di scrivere con il mio smartphone, ascoltare qualche discorso a caso e ricostruirlo nella mia mente come un grande puzzle, perdermi nei miei pensieri e desiderare di essere un giorno maestra, un giorno bambina che va a scuola. Uscire poi da quel “tubo” dall’aria ormai rarefatta e lasciarsi baciare da un timido sole, o correre con in mano un ombrello per evitare di bagnarmi. Cambiare il tragitto ogni volta che mi va, fermarmi al semaforo e osservare i turisti più cauti che preferiscono avventurarsi per le strade di prima mattina, attraversare la piazza antistante Santa Maria Novella, guardarsi intorno e imboccare una viuzza stretta insieme a tanta altra gente, prima di farsi avvolgere dal profumo di pane croccante appena sfornato mescolato a quello dei dolci da colazione.

    Una città ancora sonnecchiante e stropicciata che corre verso il lavoro”. Ecco cosa penso di Firenze a prima mattina, sorridendo distrattamente e camminando a passo svelto. E mi accorgo che potrei essere in qualsiasi altra grande città del mondo e invece sono qui. Nel frattempo sono già arrivata nel cortile del Palazzo Spini Feroni. La targa all’ingresso dice “Salvatore Ferragamo Spa”, se ci penso quasi non ci credo, intanto sono passati già nove mesi da quando ho varcato quella soglia per la prima volta.

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    Audrey Hepburn at a shoe fitting with Salvatore Ferragamo

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    In nove mesi metti al mondo un figlio o impari a vivere e cresci, costruisci una città o come me impari come si lavora in una grande azienda del lusso, magari in un ufficio PR, e capisci che hai davvero voglia di fare le cose in grande, che sei portata per quel mestiere, che sei anche brava, ma che – mettiti il cuore in pace – chiamala esperienza, stage, tirocinio, ormai sta terminando e un po’ ti dispiace perché sai che un’occasione così non capiterà di nuovo.

    Certo tornare a casa per lunghi periodi o anche solo per qualche giorno è meraviglioso, ma ripartire non è mai facile. E’ una terribile sofferenza. Come la consapevolezza che le mie passioni mi porteranno sempre lontano da casa, dagli affetti, dai luoghi amati e quasi a pensarci viene voglia di mollare tutto, perché i cambiamenti fanno paura e io ho paura di crescere.

    Nel frattempo le giornate scorrono veloci e frenetiche, diventano settimane e poi mesi, fitti di impegni, scadenze e anniversari, un po’ come il mio decimo con te amore, che purtroppo per la prima volta ci siamo persi e dovevamo assolutamente distinguerci dalle altre coppie festeggiandolo lontani, senza sorprese, parole d’amore e baci, solo io e te lontani legati da un telefono. In compenso in questi mesi ci sono state fin troppe altre emozioni: i primi dolori, i primi pianti davvero sensati, l’indecisione, la paura di sbagliare e pentirmi, la lontananza da casa, imparare a gestite le situazioni difficili e le miei paure, ma anche la consapevolezza di potercela fare, i complimenti, i ringraziamenti, l’apprezzamento per il mio lavoro, il batticuore nel veder sfilare il primo modello su una vera passerella e sperare un giorno di essere seduta  lì, su una di quelle panche, invito accanto in una mano e taccuino nell’altra, per descrivere l’emozione di una sfilata.

    Ci sarà Milano, ci saranno giornate dure, ci saranno ancora tre mesi, ma anche i week end a casa per riabbracciare le amiche e i parenti e quando sarà Natale tutto questo svanirà, lasciandomi in ricordo un bellissimo regalo, forse uno dei più belli in venticinque anni di vita.

    Scusate il lungo papiro ma era dovuto. Mi siete mancati!