Torneranno i baci, gli abbracci e la voglia di stringersi e toccarsi.
Torneranno le piazze affollate e i bar e i ristoranti e i caffé e i lidi e tutti vorranno stare fuori casa e farlo fino a piena notte. E si offrirà da bere e da mangiare e la gente canterà per strada e non avrà più paura di sfiorarsi.
Torneranno le lunghe passeggiate e le corse e lo shopping per il centro gremito di gente senza più paura di contagi.
Torneranno i calendari zeppi di appuntamenti, di incontri, di feste, di brunch e questa volta non saranno su Microsoft Team, Zoom o Houseparty.
Torneranno i viaggi e la certezza di poter prenotare un volo, un hotel, un fine settimana spensierato senza il rischio di cancellazioni e rimborsi.
Torneranno i negozi e gli uffici aperti e tornerà anche il lavoro e ci sarà da rimboccarsi le maniche e mettersi sotto per un bel po’.
Ma soprattuto, torneranno le risate di pancia, le lacrime – ma di gioia, gli occhi pieni di sorpresa e la felicità delle piccole cose.
Perché nonostante la sofferenza, la morte vista dai telegiornali o da mezzo metro di distanza, le perdite, la paura, avremo affinato l’arte della pazienza e imparato a guardarci dentro e ristabilire le giuste priorità.
Ci vorrà tempo, molto tempo, durante il quale continueremo a scrollare sui feed dei nostri smartphone brutte notizie, bollettini funesti e bilanci negativi, ma se è vero che in questi mesi siamo stati incollati ai monitor cercando di fare calcoli matematici e paragoni temporali confrontandoci con la situazione di altri paesi, è anche vero che questo bambino che mangia emozionato il suo primo gelato dopo mesi di quarantena strappandosi dal viso la mascherina, è per noi un messaggio di speranza e il futuro che, mi auguro con tutto il cuore, ci attende dall’altra parte del tunnel.
(Photo credits: Reuters / Aly Song)
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