Ho deciso di riportare questa intervista qui perchè mi rappresenta e fa parte del mio lavoro. Loro sono una bella realtà locale, un gruppo musicale che meriterebbe decisamente più spazio. Conservo un bel ricordo di questa mia prima intervista ad un gruppo musicale e ci tenevo a condividerlo con voi. Che dirvi allora: buona lettura!

chopchopband

Questa intervista ha ben poco di convenzionale, a partire dai protagonisti, mi auguro solo che loro per primi apprezzeranno questo resoconto del nostro incontro. Perché ci sono dei retroscena che un magazine professionale non dovrebbe raccontare, ma essendo Controstile un magazine controcorrente, posso permettermi il lusso di stravolgere le regole dell’intervista e restituire a voi lettori una bellissima esperienza, la stessa che si vive parlando di qualcosa che si conosce bene, la stessa che si prova nel confrontarsi con degli artisti, quelli veri, la stessa che si prova nel parlare di musica. Non convenzionale, appunto e per questo targata Chop chop.

Protagonisti dell’intervista di questo mese, i componenti della Chop Chop Band, Pino Pesee e Claudio Kougla: numerosi brani raccolti in altrettanti dischi, 40000 copie per il loro disco d’esordio e 17 anni di onorata carriera. Con loro ho provato ad affrontare un tema che mi sta molto a cuore e in cambio ho ricevuto musica, passione e un profondo senso di amicizia, quella che lega i due componenti della band, penna e tastiera del gruppo pugliese, tra Barletta e Terlizzi, ricordando il passato e parlando del futuro che li attende.

Lo ammetto: ero molto curiosa e questo ha giocato a mio favore. Curiosa di capire innanzitutto come riescano a resistere in un panorama così piccolo e contrastante come quello della musica italiana. Probabilmente non sono molto noti a tutti, ma il loro pubblico è quello festaiolo e divertente delle dance hall, in netto contrasto con il prodotto omologato delle case discografiche, che sembra vogliano solo contendersi gli idoli di teenagers scalpitanti, provenienti dai più svariati talent show e classifiche eccessivamente melodiche. Ero molto curiosa di capire come si resiste e sopravvive parlando di valori sociali a ritmo di roots in un mondo pop. Pino sorridendo ascolta questo mio giro di parole e dice “ Ognuno è libero di fare ciò che vuole, noi però non siamo musica d’immagine, rispettiamo tutti i generi, ma è decisamente una realtà diversa dalla nostra”.

Niente facce d’angelo, nessuna vittoria al festival di Sanremo negli ultimi anni e soprattutto nessuna storia triste alle spalle che abbia influito nella loro scalata. Mi sono divertita a provocare i miei due interlocutori sul perché facciano musica allora “Non c’è un motivo in particolare, è un modo per esprimere idee ed io so farlo così, lo faccio ormai da quando avevo sedici anni”. A rispondermi ancora lui, Pino Pepsee cantante storico del duo. Seduto al suo fianco c’è Claudio Kougla, da poco privo della sua lunga chioma rasta. Sorrido perché prima di iniziare quasi non lo riconoscevo e ammetto in silenzio che sta meglio così. Due amici che si divertono nel fare musica, ecco cosa sono.

Hanno visi simpatici, di quelli da rimpatriata di classe casinista e forse quando hanno scoperto chi si celava dietro la voce che un giorno ha deciso di contattarli, avranno riso come matti. Musicalmente parlando mi raccontano di stare insieme dal 1992 e mi salta subito in mente che non è facile portare avanti un progetto così articolato per ben diciassette lunghi anni. Alla base ci dev’essere per forza amore, passione, mi son detta. Cantante e tastiera, voce e musica, Pino e Claudio. Sorridono rassegnati quando chiedo loro cosa caspita significhino i loro soprannomi Pepsee e Kougla. Probabilmente questa domanda gliel’avranno fatta in molti “Ecco, lo sapevo che me l’avresti chiesto! Non c’è una spiegazione in particolare, sono due nickname nati così…avrai anche tu amici con dei soprannomi strani, magari senza un significato, no?”. Pino mi zittisce in un attimo ed io arrossisco pensando ai nomignoli bizzarri che mi sono guadagnata nel tempo. Ok, uno a uno, palla al centro.

Decido di ritornare seria e riportare il discorso all’argomento principale: la musica. Da ex cantante amatoriale allora confesso di aver condiviso questa passione per anni e li invito a cercare di spiegarla ai lettori, a spiegare come si sceglie di vivere di sole note. Pino mi dice che la musica ha un significato universale e uno strettamente personale, che è un mezzo per esprimere idee, ma è anche un concetto molto soggettivo. “C’è chi la fa per passione, ma mi rendo conto che c’è anche chi chiama musica quella dei talent show, io dico che in quel caso parliamo più di immagine che di altro”. Non percepisco polemica nella sua voce, semmai rassegnazione che condivido, per tutta quella musica interessante che non viene presa in considerazione e allo stesso tempo per il dilagare di fenomeni che meriterebbero di essere studiati dal punto di vista socioculturale. Decido di provocarli ancora, tanto ci stanno, e chiedo se, nonostante tutti questi anni, su un palcoscenico culturalmente basso come il nostro, non si sentano ancora degli emergenti.

Potrei essere sbranata per questo, mandata fuori dal locale che ci ospita, con un bel calcio nel mio lato b e invece Pino e Claudio si guardano e sorridono complici, poi è la volta di Claudio che un po’ intimidito mi risponde “Siamo contenti di essere considerati emergenti, ne andiamo davvero fieri”. E tra una chiacchiera e un’altra in poco meno di mezz’ora facciamo un percorso lungo 17 anni e tiriamo le somme di ciò che è stato fino ad ora. “Siamo maturati, non siamo più così giovani e anche se la musica è sempre la stessa, l’idea è sempre la stessa, ci piace sperimentare nuove sonorità, in fondo è proprio questo che l’artista fa”. Forse sono stati anche un po’ sfortunati, penso a bassa voce, ascoltando i loro discorsi scherzosi su come ci sia sempre un tempo per tutto e su come loro il tempismo non lo conoscano affatto “In quest’ultimo album abbiamo sperimentato sonorità elettroniche, ma pare sia tornato di moda il reggae, quando però eravamo noi a farlo non se lo filava nessuno! Perché anche i generi musicali purtroppo seguono le mode e se quell’anno è stato deciso che un genere è di tendenza, non c’è nulla da fare”. Prima o poi però i tempi si incroceranno, ne sono certa.

Tanto per cominciare mi sembra doveroso non inquadrarli in un solo genere musicale: le loro origini affondano nel roots style, certo, ma hanno dato prova di saper sfruttare il maggior numero di influenze possibili. “A settembre è uscito il nostro nuovo album, Sunshine”. Pino e Claudio mi spiegano che è un modo per continuare il loro lavoro consolidato nel tempo e allo stesso modo un segno di svolta per l’evoluzione del sound, più funk, più elettronico. Un album della maturità in pratica, mi piace definirlo così. Voglio saperne di più, conoscerli meglio e così chiedo come funziona nel loro duo, “Pino scrive i testi”, mi spiega Claudio, “è lui ad avere la vena poetica, io compongo la musica e tutto avviene nel modo più naturale possibile. Le nostre canzoni affrontano i temi più svariati e scriviamo di cose che ci colpiscono”.

In un percorso che si snoda in più città, questo album vede la luce in numerosi studi di registrazione, tra Bari, Milano e Londra, dove è avvenuta la più importante delle collaborazioni di questo disco. “In realtà”, spiega Pino, “a Londra è andata solo una nostra traccia. E’ piaciuta molto a Simon Duffy che ci ha proposto di remixarla: il risultato è incredibile”. E per chi non lo sapesse Simon Duffy è il produttore dei Planet Funk e loro di collaborazioni con musicisti di fama ne hanno fatte parecchie. C’è un filo conduttore però che dà senso al loro lavoro, qualcosa che li lega, che salta agli occhi visitando il sito internet e ascoltandoli durante l’intervista: la loro mission, chiara, decisa, “diffondere la cultura della solidarietà e della non-violenza, avendo come unico mezzo la musica”. Un gran bel progetto, dico, ma come riuscirci? “Il gruppo nasce con l’intento di dare un messaggio di pace e solidarietà, soprattutto perché abbiamo sposato l’ideologia del roots style, pensando di dare anche noi un piccolo contributo alla causa” E qualcosa nel loro piccolo l’hanno fatta, partecipando a manifestazioni attive nel sociale e sposando la causa dei bimbi per Emergency con un singolo apparso su una compilation accanto a nomi del calibro degli Almamegretta, Après la classe, Roy Paci e i Sud Sound System.

Poi ad un certo punto l’ho fatto: il paragone mi è venuto spontaneo con questi ultimi loro colleghi più famosi, i Sud Sound System. Con loro hanno collaborato a stretto contatto e per un attimo mi son chiesta se avessero mai pensato di scrivere pezzi in dialetto “La loro è una scelta ben precisa, un po’ come la nostra”, spiega Pino, “solo che noi abbiamo preferito aprirci ad un pubblico più vasto e farci capire da tutti. Inoltre c’è da dire che il salentino gioca a loro vantaggio: è musicale, ricorda molto il giamaicano e abbraccia una zona geografica molto ampia. Immagina noi, tra barlettano, barese e quant’altro…sarebbe un bel casino e poi io di solito non parlo mai il dialetto”.

E mentre immagino come sarebbe ascoltarli in una versione in vernacolo, mi accorgo che si è fatto tardi, ho tentennato un po’ e fatto molte gaffes. Pino e Claudio mi sorridono e ringraziano un po’ impacciati: di sicuro un’imbranata come me non l’hanno mai incontrata! Io batto in ritirata con in testa il ritornello della loro bellissima Sunshine: non c’è niente da fare, il loro sound è allegro, contagioso e solare!


Sunshine
(Arci Sana Records) € 12,90
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