Sveglia ancor prima che il sole si decidesse a scender giù dal letto e stiracchiarsi, con gli occhi che bruciavano per la notte insonne precedente e già in funzione della giornata lavorativa che l’attendeva. Dolorante, come solo una donna in età fertile in quei giorni è, nevrotica, isterica e con il cuore e la mente brutalmente attaccati da pensieri e preoccupazioni. Tuttavia vogliosa di mettere i piedi fuori da quel maledetto letto che non l’aveva fatta chiudere occhio e con un’irrefrenabile voglia di scrivere, come non succedeva da mesi ormai. Questo il suo ritratto oggi: chi fosse stato così temerario da rivolgerle lo sguardo avrebbe scorto capelli arruffati e nervosi come i suoi pensieri, due fossi a solcare gli occhi umidi e denti serrati, che avrebbero volentieri sgretolato il mondo. O sbranato qualcuno. 
Sulla strada verso casa, con il cielo sempre meno luminoso, continuava a pensare che forse non era giusto condividere quei suoi pensieri, o forse, invece, non stava bene lasciar credere alla gente che tutto fosse sempre splendido; nel dubbio preferiva scrivere e condividere, perchè nella vita vera, nelle emozioni vissute, nelle gioie e nei dolori, c’è sempre qualcosa di comune, banale, scontato, nonostante le croci che ci carichiamo sulle spalle e le passioni che viviamo siano più o meno proporzionate al nostro peso e a quanto siamo capaci di donare. Ricevere è una cosa diversa e non sempre equa. Tutto questo pensava mentre girava le chiavi nella serratura, con la voglia di abbandonarsi al più presto sul letto; prima però avrebbe scritto. Perchè a volte scatta un qualche meccanismo di rivalsa: dalla vita, dai desideri che ogni giorno affollano la mente, da tutti quei “vorrei” fottutamente e purtroppo quasi sempre seguiti da “ma forse non posso“, da tutte quelle persone che per un motivo qualsiasi feriscono, fosse anche per sola sopravvivenza personale. E allora decise di battere freneticamente le dita sulla tastiera per l’ultima volta quel giorno e di dedicare il suo pensiero a tutti quelli che come lei in quel momento non ostentavano falsa felicità e se ne stavano buoni buoni accovacciati in attesa di tempi migliori; a tutti quelli che hanno paura e non si vergognano di ammetterlo, a tutti quelli che sono ancora alla ricerca della loro strada. “Sorridere per attirare cose belle è un buon inizio, anche quando il cuore piange“, pensava “Sbagliare, buttarsi e fare figuracce è sempre meglio di restare fermi divorati dai dubbi.

E se qualcuno in quel momento le avesse chiesto “Sei felice?” avrebbe risposto “No, ma sto lavorando con tutta me stessa per diventarlo“.