Ricordo ancora il mio primo cellulare. Un C35 che ho googlato per avere conferma, ma ricorderei la sigla anche tra altri 20 anni. Di un bel blu elettrico, perchè già allora amavo i colori e farmi notare nelle piccole cose, soprattutto se si trattava di accessori e tecnologia.

Arrivavo in ogni caso tardi: i miei amici avevano ricevuto un cellulare già parecchi mesi prima, quando la moda si era diffusa anche tra i pre-adolescenti e giocavano a farne sfoggio quasi come fosse uno status symbol e si divertivano ad incollare gli stickers più colorati sul retro dei propri telefoni. Il mio primo cellulare è invece arrivato a 13 anni, nè per vezzo, nè per essere facilmente rintracciata dai miei genitori, ma per scelta, perchè l’animo geek l’ho sempre avuto ed era impensabile che non smanettassi con una tecnologia all’avanguardia come quella.

Ricordo perfettamente il luogo e il momento esatto dell’acquisto: il sabato precedente, di un novembre freddo e intenso, avevo ricevuto il sacramento della cresima e i miei avevano organizzato un piccolo rinfresco in casa dove alla fine, come di solito si usa in queste occasioni, parenti e amici mi avevano dato i loro doni, chi oggettini di vario tipo, chi piccoli gioielli, chi denaro. Raccolsi così quel gruzzolo sapendo esattamente come spenderlo e costrinsi mio padre ad accompagnarmi in un negozio di telefonia per il mio primo cellulare e la mia prima scheda telefonica. Da allora sono passati 15 anni anni, 7 cellulari, due operatori telefonici (tre se si considera l’operatore inglese) e svariate mode legate all’uso del telefono, ma non ho dubbi su cosa ricordo con più affetto e nostalgia: i primi messaggi del fidanzatino dell’epoca, le telefonate brevissime, perchè altrimenti si spendeva troppo, i primi SMS gratis, ma soprattutto gli squilli che significavano mille cose, ma più di tutto “ti sto pensando“.

Vallo a spiegare a un ragazzino di oggi senza risultare noiosa o moralista che era più facile comunicare e uscire di casa quando non esistevano tablet e Wifi e quando per riporre in un album una foto decente dovevi prima scattarne mille e sperare che il fotografo riuscisse a svilupparne almeno una correttamente. Vallo a spiegare che per un buon scatto su Instagram hai prima bisogno di uscire di casa e goderti il momento, altrimenti sei uno sfigato che smanetta dietro un pc senza emozioni. Ecco perchè ho adorato il nuovo corto di Giuseppe Capotondi per Wind e il messaggio diffuso, perchè tu lo voglia o no ci sono avventure che non possono essere vissute attraverso la tecnologia, semplicemente perchè la vita vera offrirà sempre esperienze più complete.

Accompagnato dalle note di “Rocket Man” di Elton John, il film racconta con semplicità il tema quanto mai attuale della deriva naturale di tutti noi (ragazzini inclusi), che spesso dimentichiamo che il mondo è fuori dai dispositivi elettronici e della contrapposizione fra vita reale e vita virtuale, fra tecnologia amica che aiuta a vivere e tecnologia che isola. Perchè non c’è evoluzione senza intelligenza e buon senso e guai a chi smette di vivere, amare, sentire. Sarà perduto per sempre.

Buzzoole